studioshiatsu

di Stefano Pighini

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I recettori del tocco

Abbiamo già parlato della distinzione tra il tocco shiatsu e il tocco “discriminativo” in un post precedente.

In questo nuovo nuovo articolo approfondiamo la questione con un focus sulla neurofisiologia delle aree del cervello interessate e sulla struttura nervosa dei recettori. La ricerca contemporanea sembra confermare delle vie sensoriali specifiche  per fibre nervose che paiono specializzate nel riconoscere il tocco “gentile” da quello discriminativo. La ricerca scientifica nel segno di Masunaga dunque continua!

Buona lettura!!!

Leggilo QUI

 

Perché conta quanto dura e come lo facciamo?

Lo shiatsu…  cosa avevate capito?

Cambia qualcosa se la nostra pressione dura un minuto, 30 secondi o 3 minuti? Come sappiamo nella rigida formalizzazione cui lo stesso Masunaga aderiva esiste un certo tempo di pressione “giusta”, che lo shiatsuka è tenuto a seguire. E perchè è così importante entrare progressivamente e non di colpo?

Il giusto tempo di pressione e la “giusta” progressione è quella che ci restituisce la “risposta” del meridiano del ricevente.  Questo direbbe lo shiatsuka fedele al metodo I.R.T.E., ma in generale  ad ogni metodo basato sulla percettività addestrata.

Resta il fatto che secondo i padri giapponesi dello shiatsu c’è un range sotto o sopra il quale la pressione esce dall’orizzonte dello shiatsu, e quindi è fuori “norma”.  In verità sulla progressività del movimento di ingresso ed uscita ci sono solo delle conferme indirette (sensibilità epicritica e protopatica) mentre sulle tempistiche il protocollo del ministero della salute giapponese è chiaro.1,976 Karate Donna Vettoriali, Illustrazioni e Clipart

A prescindere da ogni valutazione di merito la domanda è: c’è una spiegazione fisica?

In un precedente articolo abbiamo visto che la continua formazione/rottura dei ponti di actina-miosina, due proteine ampiamente presenti nei sarcomeri delle fibre muscolari, responsabili del meccanismo di contrazione/rilassamento è lo stesso processo che fa cambiare forma all’ameba tanto amata da Masunaga.

I burst di molecole di calcio dentro o fuori l’ambiente citoplasmatico modificano la forma della parete plasmatica dell’ameba  e generano risposte metaboliche differenti, utili all’organismo, ed è sempre il gradiente di concentrazione degli ioni calcio all’esterno o all’interno del reticolo sarcoplasmatico che circonda ogni singola fibrilla di ogni singola cellula muscolare nel nostro corpo a far partire il meccanismo actina-miosina di controllo muscolare.

Per inciso l’accumulo di calcio nel reticolo endoplasmatico (REL), così come il suo improvviso rilascio nel citosol cellulare pare un fenomeno che interessa tutte le cellule e costituisce un segnale “principe” di attivazione metabolica ampiamente utilizzato.

***

In questa serie di schede che presentiamo QUI continuiamo a considerare il corpo umano come composizione a mosaico di diversi fenomeni, e lo osserviamo sotto il profilo dei fluidi che scorrono al suo interno.

I tessuti umani sono letteralmente creati dai flussi di scorrimento che li disegnano. Tali flussi sono composti di sangue, aria, cibo, fluidi extracellulari e cellulari. Questi fluidi viscoelastici scorrendo nel nostro corpo  si comportano tutti come grandezze vettoriali ossia sono grandezze fisiche caratterizzate da un verso, una direzione e una intensità.

I fluidi biologici umani, vari miscugli di sostanze tra cui particolari forme di acqua sono dominanti, sono di tipo tissotropico, ossia hanno comportamento non lineare quando sottoposti a sollecitazioni, proprio come quelli che Masunaga osservava nell’ameba!

Forse troverete delle correlazioni interessanti che potrebbero spiegare, in parte, perchè da un punto di vista fisiologico una pressione per essere efficace ha bisogno si “stasi” e di “progressività”, ma non perdetevi nemmeno le riflessioni del saggio cinese sulla teoria cellulare!

Come sempre se avete voglia lasciate qualche commento, e non risparmiate sulle critiche ♥

Buona lettura

 

Le attività contrattili nell’ameba e nelle cellule muscolari

Un altro articolo che riguarda lo studio di Masunaga sull’ameba, con l’utilizzo di fonti scientifiche più recenti. Buona lettura

Clicca qui

 

Masunaga e la questione della validazione scientifica

Come si pone la medicina orientale nei confronti del metodo scientifico occidentale? Come impatta la tecnologia nella ricerca medica occidentale e in quella orientale? Punti di contatto e distanze con il presente in un breve viaggio attraverso alcuni testi scritti dal maestro giapponese negli anni ’70 del XX secolo.

Qui 

Buona lettura 

 

 

 

Un’ameba in comune

 

No, non si tratta del vostro nuovo sindaco!

Come ben sanno gli studiosi del pensiero di Shizuto Masunaga lo studio dell’ ameba è un terreno di sperimentazione importante per il maestro, poichè questo piccolo essere unicellulare è il custode inconsapevole dei segreti della vita. Volendo attribuire ai meridiani, ai canali energetici un valore fondante della vita, Masunaga immagina che essi devono poter essere individuabili in esseri particolarmente primitivi, prima che la differenziazione cellulare produca quella varietà che si riscontra sugli esseri pluricellulari. In altri termini poichè il sistema meridianico preesiste a quello nervoso, vascolare, linfatico, ecc… e dato che è estremamente difficile individuarlo negli organismi ad alta complessità come i mammiferi, devono esistere delle forme di vita molto semplici su cui trovare le tracce delle grandi funzioni vitali espresse dai meridiani. Immagina quindi il ciclo circadiano vitale, la curva energetica giornaliera degli organi e dei visceri,  come sovrapponibile alle funzioni vitali dell’ameba, e da lì per estensione a tutti gli esseri pluricellulari che sono seguiti.

Il ciclo dell’ameba secondo Masunaga è descritto soprattutto in Zen per Immagini  ma sono reperibili ottime sintesi anche in rete, ad esempio qui.

Ma come sarà venuta in mente l’ameba a Masunaga?

Abbiamo già avuto modo di notare in un altro post che Masunaga è un curioso esploratore della medicina e della scienza moderni occidentali, e uno studioso professionista di psicologia, che insegnerà alla Nippon Shiatsu School  di Tokyo per dieci anni.

E probabilmente sono  gli studi di psicologia da cui prende l’idea dell’ameba. (leggi sotto l’update 2021)

Un’idea originariamente usata da Sigmund Freud (1856-1939) per descrivere il meccanismo di funzionamento della libido in presenza di narcisismo patologico. Come l’ameba –  “composta di un grumo scarsamente differenziato di sostanza protoplasmatica” – allunga i suoi pseudopodi verso la sostanza nutritiva, prolungando verso di essa “la sostanza del suo corpo”,  (vol. VIII, p.567) così l’io investe con la propria libido gli oggetti, se ne appropria, ma, proprio come per l’ameba una quota di quello stesso slancio libidico resta all’interno dell’io, ed egli può in ogni momento ritrarre la quota di libido riversata sugli oggetti verso il proprio interno. Nello stadio narcisistico/ameboide le energie psichiche sono indifferenziate, e solo quando la pulsione trova un oggetto su cui proiettare la libido lo psicanalista  può distinguere tra pulsioni sessuali e pulsioni dell’io. Freud dice qui qualcosa di interessante. “Il ritrarsi della libido oggettuale nell’Io, non è direttamente patogeno” (lo stadio in cui l’animaletto protoplasmatico ritira i suoi pseudopodi), lo diventa quando “un determinato processo, dotato di forte energia, impone a forza il ritiro dagli oggetti”.  A quel punto tutta quella quota di libido/energia/pulsione si accumula all’interno dell’io e rischia di “non trovare la via di ritorno agli oggetti”. E’ “questo impedimento alla mobilità della libido” che diventa patogeno. “Possiamo anche immaginare che si sia giunti all’investimento oggettuale appunto perché l’io dovette sprigionare la sua libido per non ammalarsi a causa del suo ingorgo” (vol.VIII p.571). Abbiamo anche qui una traccia di un tema che tornerà spesso negli appunti di Masunaga, quando ragiona dell’approccio medico orientale che vede l’uomo sano come forma perfettamente rotonda in grado di ritornare ad essa dopo aver esaudito lo stimolo verso l’esterno (jitsu) o verso l’interno (kyo) e in caso di fissazione o ingorgo necessita di stimolazione appropriata in un verso o nell’altro (tonificare il Kyo, sedare il Jitsu).

 

 

Masunaga S. Zen Shiatsu p.17

Masunaga S. Zen Shiatsu p.46

 

In Freud tuttavia lo statuto della libido tende a modificarsi nel tempo. Si passa da una caratterizzazione quasi simile alla corrente elettrica, come negli scritti sopra riportati, ad una visione dove la libido è un costrutto concettuale, utile nella descrizione dei fenomeni psicologici ma che non possiede, all’interno del corpo umano, una “sostanza”, non è in altri termini un’energia soggetta a experimentum.

Un altro psicanalista, inizialmente tenuto in gran considerazione e poi ripudiato da Freud continuò invece a considerare la libido come una vera e propria energia rintracciabile nel corpo umano, soprattutto nella sua manifestazione più eclatante, quella dell’orgasmo. Whilelm Reich (1897-1957), la cui biografia è un inno anarchico e libertario alla vita, nei suoi studi danesi a seguito dalla fuga dalla Germania nazista (1934), indagò il diverso potenziale elettrico del corpo umano attraverso l’apposizione di elettrodi in vari punti. Reich trovò che le zone erogene rispetto alle altre parti avevano una curva del potenziale elettrico differente. Il potenziale inoltre aumentava a seguito di stimolo piacevole e diminuiva dopo uno stimolo spiacevole.

Si associa così una base fisiologica a quell’analogia già descritta da Freud sul comportamento degli organismi più primitivi quale l’ameba, e che viene caratterizzato da “uscita verso il mondo esterno” contrapposto a “ritiro in sè stesso”. Nel movimento elettrico di aumento del potenziale cutaneo si può trovare il correlato fisiologico della protrusione del citoplasma dell’ameba, mentre nell’abbassamento del potenziale dopo stimolo spiacevole si trova il correlato del ritiro degli pseudopodi. A questo punto Reich intuisce che dietro le funzioni del sistema nervoso autonomo parasimpatico (la pupilla si restringe, la vescica si apre, il ritmo cardiaco diminuisce, i vasi sanguigni cutanei si dilatano, ecc..) si cela una funzione globale di espansione percepita come desiderio, piacere, mentre per contro nel sistema simpatico (ritenzione degli sfinteri, aumento del battito cardiaco, attivazione vigile, ecc..) è all’opera una funzione globale di contrazione. Dalla prima si sviluppa l’emozione primaria del desiderio mentre dalla seconda la paura. Le emozioni quindi non sono prerogative degli organismi evoluti ma hanno la loro base in una polarità fisiologica orientata (dal centro alla periferia nel caso del desiderio e dalla periferia al centro nel caso della paura) di flusso bio-elettrico.

E’ improbabile che Masunaga non sia stato colpito da questa fonte di ispirazione che pareva andare proprio nella direzione vitalista, diametralmente opposta a quella dominante della medicina “meccanicista” e “biochimica” dominante in occidente. Inoltre lo Shiatsu descritto da Masunaga agisce proprio sul sistema nervoso autonomo parasimpatico, un aspetto sul quale egli torna più volte.

E’ altrettanto significativo che si sia astenuto (a mia conoscenza) dal citare Reich nei suoi lavori; il malcapitato fu addirittura arrestato dall’FBI nel 1957 al culmine di una campagna pluriennale di persecuzione e diffamazione. Reich morì in un carcere americano in quello stesso anno per arresto cardiaco.

Ma la storia non finisce qui perché un altro psicanalista, a noi più prossimo, Alexander Lowen (1910-2008) di cui Reich fu terapeuta e maestro, ripropone in termini molto simili a quanto fa Masunaga in Zen per Immagini alcuni esercizi. Anche qui ritornano le forme vitali primordiali di “apertura” e “chiusura”. Scoprite da soli questa traccia grazie al post della collega Cristina di Stefano.

UpDaTe! (2021)

A distanza di tempo ho trovato un altro riferimento bibliografico, tutto interno al mondo scientifico giapponese. Masunaga non pare aver avuto bisogno di patenti occidentali per la sua teoria dell’ameba! Egli cita infatti Jiro Ohta, botanico giapponese che nel suo volume “L’ameba” individua secondo Masunaga “i molti punti in comune tra i diversi tipi di movimento negli esseri umani, alla cui base vi è il sistema di conversione dell’ ATP in energia e in una proteina assorbibile (ADP)”. (cit. MAsunaga, 2020, p.103)

E’ quindi da questa fonte Masunaga riprende la celebre analogia tra la funzione yang del movimento dello pseudopodo (l’ectoplasma=yang), e la funzione yin (endoplasma=yin) che chiama il ritorno della protrusione verso l’interno. 

Quindi si possono correggere le affermazioni precedenti dicendo che se pure il Maestro ha ritrovato negli studi giovanili di psicologia il tema dell’ameba, si è certamente rivolto alle discipline scientifiche e agli studi che si andavano compiendo in Giappone negli anni ’60 e ’70 del XX secolo, per modellare la sua ipotesi sull’origine dei meridiani, oppure più semplicemente, ha preferito circoscrivere al “suo” ambiente culturale, le matrici di un pilastro della fondazione della medicina orientale.

 

 Bibliografia e sitografia

Masunaga S., Zen per Immagini. Esercizi dei meridiani per una vita sana, Mediterranee, Roma, 2013 (or.1987)

Masunaga S., Zen Shiatsu, Mediterranee, Roma, 2013 (or. 1977)

Masunaga S., Keiraku to Shiatsu, Shiatsu e Medicina orientale, vol. I, Shiatsu Milano Editore, 2020 (or.1977-78)

Vico V., Il “ciclo dell’ameba” secondo Shizuto Masunaga  http://vivashiatsu.blog/2013/11/28/il-ciclo-dellameba-secondo-shizuto-masunaga-shiatsu-zenshiatsu/

Freud S., La teoria della libido e il narcisismo, vol. VIII, Boringhieri, Torino, 2008 (or. 1915-17).

Bertagni G., Introduzione all’opera di W. Reich http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/psiche/fogliareich.pdf

Di Stefano C., Shiatsu e counseling bioenergetico. Una possibile integrazione http://www.cristinadistefano.it/shiatsu-e-counseling-bioenergetico/

 

 

Masunaga e la Gestalt

 

Vi sono dei luoghi nella produzione scritta del maestro Masunaga che rendono conto del suo metodo creativo di confronto con le tradizioni occidentali di pensiero con le quali entrava in contatto. Una delle più significative risiede nel confronto con la psicologia di cui era studioso e docente.

In cerca del modo migliore di descrivere l’efficacia descrittiva delle categorie orientali Yin/Yang e Kyo/Jitsu Masunaga propone ai lettori giapponesi un dialogo con la cultura occidentale, che qui proponiamo per rendere omaggio al suo metodo comparativo e dinamico.

Presentiamo la Gestaltpsycologie o Psicologia della forma come fa lo stesso Masunaga, che ne parla come di una psicologia centrata sulla nozione di struttura, cioè i fenomeni psicologici sono considerati come l’attuazione di forme che funzionano come insiemi strutturati, formando un insieme di relazioni tra stimolo e risposta che ha senso solo se considerato nel suo insieme, e che fuori da questo insieme non ha significato. Inizialmente applicata ai fenomeni percettivi (secondo la celebre formula “l’insieme è  di più della somma delle parti che lo compongono” ndr) è stato in seguito esteso alla psicologia e alla medicina indirizzandosi all’essere umano come un tutto inseparabile, al quale quindi anche un atto terapeutico deve rivolgersi con le stesse modalità. Una forma di olismo del pensiero occidentale dei primi del Novecento.  Ciò che ci interessa – perché è ciò con cui si confronta Masunaga – è il suo nocciolo metodologico:

La terapia della Gestalt respinge la tesi secondo cui nell’atto del vedere qualcosa si raccoglie una serie di frammenti visivi e li si raggruppa nell’oggetto visto. La Gestaltpsychologie ha affermato che il vedere è organizzato fin dall’inizio, ovvero che il vedere è una gestalt o una configurazione. Il campo ottico di un individuo è strutturato in termini di figura e sfondo. La ‘figura’ costituisce il punto focale dell’interesse – un oggetto, una struttura, ecc… – mentre ‘lo sfondo’ ne è l’inquadratura o il contesto. Esiste un’interazione dinamica tra figura e sfondo dal momento che il medesimo sfondo può, con il variare degli interessi e dell’attenzione, dare origine a figure diverse; a sua volta, la figura, se possiede dei dettagli, può essa stessa diventare lo sfondo dell’evento in cui qualche suo dettaglio emerge ora come figura. (Perls F., Hefferline R.F., Goodman P., p.43.)

Quando l’attenzione  si fissa su un dettaglio dello sfondo, questo “emerge” in superficie e diventa oggetto di coscienza, cioè figura. Ma al variare dell’attenzione su un altro particolare dello sfondo, la figura torna indietro (nell’inconscio) e affiora alla coscienza un altro contenuto figurativo. In effetti studi recenti di neuroscienze hanno scoperto ad esempio che vi sono neuroni dedicati in precise porzioni del cervello deputati al riconoscimento dei volti (Tsao, pp.64-71), per cui pare che il cosiddetto effetto-figura abbia delle basi neurologiche e non sia solo un costrutto concettuale. In ogni caso Masunaga riteneva che la teoria della percezione della Gestaltpsychologie fosse una buona approssimazione alla relazione che esiste tra lo Yin e lo Yang, dove lo “sfondo” corrisponde allo Yin e la “figura” allo Yang.  Ciò che più lo convinceva era la possibilità di considerare questo prestito dalla psicologia come utile nella descrizione della diagnosi tramite la relazione Yin-Yang. Così ad esempio “la condizione Yang corrisponde ad una situazione in cui l’effetto-figurativo dei sintomi è  preciso, chiaramente osservabile in un luogo determinato. Mentre per quanto riguarda la condizione Yin, essa sembra corrispondere ad una situazione in cui i sintomi, generalizzandosi a tutto il corpo, sono difficili da localizzare”. E così il vuoto-pieno (kyo-jitsu), tradotto come debolezza/vuoto e forza/pienezza in termini fisici, non permette di coglierne appieno la condizione patologica ma sfumata, di continuo passaggio tra Yang e Yin e viceversa.

Masunaga cita i disegni celebri di uno dei maestri della Gestalt, Edgar Rubin (1886-1951), in cui l’attenzione si fissa su una forma compiuta all’interno del disegno e lascia in secondo piano un’altra forma altrettanto compiuta ma inizialmente passata inosservata o viceversa.  In questi disegni doppi, il primo “colpo d’occhio” rivela solo una delle due figure possibili. Ebbene quello è lo Yang/Jitsu, come il disegno che colpisce,  salta subito in evidenza. Il suo effetto figurativo  blocca l’attenzione sulla sua forma e il resto passa sullo sfondo. Masunaga aggiunge che quando i sintomi sono così circoscritti l’intervento dell’operatore può essere risolutivo localmente perchè la costituzione, il “terreno” del ricevente è buono. In questi casi, anche trattando il sintomo direttamente è facile che il resto del corpo cooperi alla guarigione. Il Kyo invece è l’altra figura del disegno di Rubin, quella che si fatica a trovare, lo sfondo gestaltico dal cui fondo la forma non emerge immediata. Non solo, Masunaga dice anche che – proprio come i disegni di Rubin – anche se si riesce a cogliere questo secondo, esso tende a ritornare verso il fondo e si fa sempre fatica a percepirlo di nuovo. Quando i sintomi si collocano sul versante “sfondo” Yin/Kyo essi sono ambigui, incastrati tra di loro e di difficile lettura, sono intermittenti.

“Ad un tale stadio, un trattamento localizzato non ha  effetto, il malato soffre facilmente di problemi generati dai medicamenti e la causa del male è difficile da cogliere.” (Masunaga, pp.299-302) Queste sono generalmente le condizioni delle malattie croniche.  Per di più,  in queste circostanze non appena si viene a capo di un sintomo (ed esso torna sullo sfondo) ecco che altri fanno la loro apparizione in primo piano. Si ricordi a proposito quanto diceva la citazione poco più sopra riportata “la figura, se possiede dei dettagli può essa stessa diventare lo sfondo dell’evento, in cui qualche suo dettaglio emerge ora come figura”.  Questa dialettica sottile e sfumata tra Yang e Yin e tra Yin e Yang era proprio quello che Masunaga intendeva trasmettere!

 

Bibliografia

Perls F., Hefferline R.F., Goodman P., Teoria e pratica della terapia della Gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità umana, Astrolabio, 1971 (or.1951)

Masunaga S., Shiatsu et médicine orientale, Le courrier du Livre, 2010 (or. 1977)

 Tsao Y.D., Il codice neurale dei volti, Le Scienze, n.610, giugno 2019.

 

 

 

 

 

Il flusso del Ki in Masunaga. La risonanza

La fisica classica occidentale naturalmente parla di energia e delle sue modalità di movimento. La cultura orientale ne parla in altri termini e da molto più tempo di noi, con sensibilità diverse.

Masunaga in un articolo di molti anni fa descriveva  le caratteristiche di una “corrente” sotto le sue mani, mentre operava sul corpo dei riceventi.

Ma è possibile tradurre quelle esperienze in una chiave di lettura occidentale?

Lo scopo di questo breve saggio è stimolare una riflessione sulla natura e le modalità di propagazione del Ki, a partire dai testi di Masunaga.

 

 

 

Sensibilità differenziata e primitiva

La chiave per un buon trattamento Shiatsu secondo Masunaga non sta tanto nelle capacità tecniche dell’operatore, cioè nelle doti manipolatorie o nel virtuoso gioco delle sue dita, quanto piuttosto nella capacità di sentire in profondità, restando in ascolto della sensibilità primitiva.

La sensibilità primitiva, si contrappone puntualmente alla sensibilità differenziata. Al contrario di questa non si attiva se la coscienza dell’operatore e le sue mani restano vigili in attesa di “sentire qualcosa”, ma si rende percettibile in misura inversamente proporzionale allo stato vigile e cosciente. Vediamole più in dettaglio.

Sensibilità differenziata (occidentale)

Cercare qualcosa da percepire durante l’esplorazione del corpo altrui è una costante del tocco medico occidentale. Non è una nostra esclusiva, anche in Giappone questa modalità del tocco è ben nota e prende il nome di Shokushin o sensazione localizzata. Osserviamola però nel nostro contesto occidentale.

Chiunque ha esperienza della palpazione medica, dall’età pediatrica sino a quella adulta. Il tocco del medico occidentale ha l’obiettivo di individuare un’anomalia (un ingrossarsi dei linfonodi, un ascesso, una diversa tensione muscolare, una deviazione dello scheletro, ecc…). Il suo è un tocco intenzionale, a volte anche fastidioso e doloroso per chi lo riceve. In base alla sua esperienza il nostro medico di famiglia, durante le operazioni di palpazione compirà una serie di operazioni mentali di comparazione che lo condurranno a ritenere la situazione normale o anormale. Com’è noto, per motivi di igiene e profilassi spesso il contatto della pelle del medico con quella del paziente non avviene nemmeno. Negli ultimi anni, poi, i consulti medici si fanno al telefono, e le occasioni di contatto sono ridotte al minimo. Ho esperienza diretta di un medico di famiglia che per aver trascurato di effettuare una visita domiciliare, nonostante i dolori del paziente, ha rischiato di far morire una persona con un tumore alle ovaie! Pur senza arrivare a queste situazioni-limite resta una caratteristica della medicina occidentale l’idea che la conoscenza medica non abbia alcun bisogno del contatto pelle a pelle per emettere il suo verdetto.

Sensibilità primitiva (orientale)

L’approccio proposto da Shizuto Masunaga è diametralmente opposto, al punto che può anche essere difficile da accettare. Per lui non c’è bisogno di avere particolari conoscenze nè un’esperienza pluridecennale: “basta entrare in empatia vitale con lo stato anomalo del malato attraverso l’intermediazione della pelle” (Shiatsu et médicine orientale, p.41). Comparazione ed esperienza non sono affatto indispensabili a prendere coscienza di una condizione di anormalità, l’istinto è sufficiente (ibidem). Il risultato sarà il raggiungimento di un tocco di qualità diversa. In Giappone si chiama Setsushin o percezione vitale globale.

Sarebbe facile reagire a queste affermazioni con un’alzata di spalle o un’aria di superiorità, ma se si riesce per un attimo a non farsi prendere da infantili eurocentrismi si può tentare di considerare le ragioni di Masunaga a cospetto dei nostri pregiudizi correnti.

In primo luogo le concezioni della diagnosi sono diverse nei due contesti culturali. Mentre l’intervento curativo occidentale è sintomatico, quello tradizionale orientale (ma anche antico-occidentale, si pensi ad Ippocrate!) è orientato all’osservazione della persona nel suo complesso. Ciò comporta che un sintomo, per quanto acuto, non è mai considerato determinate per la diagnosi nel trattamento curativo orientale, mentre la sintomatologia è centrale nell’approccio occidentale. Le modalità di accertamento della “malattia” sono sottoposte a vincoli formali stringenti che prescindono dalle caratteristiche individuali (la temperatura corporea, alterazioni nei valori ematici, ecc..) in medicina occidentale mentre le componenti psicosomatiche e fisiognomiche giocano un ruolo maggiore nella medicina orientale.

In secondo luogo per Masunaga non è necessario che il terapeuta manuale che lavora sui meridiani si trovi di fronte a delle anomalie acute, tali da alterare le funzioni organiche o meccaniche, per poter intervenire. Molta attenzione viene posta sul momento preventivo, per cui è perfettamente coerente con l’impostazione culturale orientale individuare uno squilibrio energetico in un soggetto apparentemente “sano” o che “non prova dolore”. Nella nostra cultura invece il dottore si contatta solo nel momento del bisogno, quando cioè il danno di solito ha già prodotto i suoi effetti.

In terzo luogo, ma non certo per ordine di importanza, il contatto tra la pelle dell’operatore e quello del ricevente non è un accidente della terapia, qualcosa da risolvere in fretta per passare poi alla prescrizione del farmaco o dell’analisi di laboratorio. E’ invece attraverso una particolare modalità di intendere il tocco sulla la pelle che agisce il ritmo salutare dello shiatsu. Bisogna subito riconoscere però che non è possibile generalizzare questa concezione di Masunaga alla medicina orientale tradizionale nel suo complesso. In diversi luoghi degli scritti che ci sono giunti tradotti in lingue occidentali egli polemizza con colleghi agopuntori giapponesi che non hanno alcuna propensione alla manipolazione o al contatto prima dell’apposizione degli aghi. Egli rimprovera loro di dimenticare che originariamente, il primo gesto dell’uomo è sempre stato legato alla mano che cerca di tamponare il male con il calore o lo strofinamento. Certe accentuazioni delle sue posizioni (che possono apparire paradossali) sono quindi comprensibili anche nel clima polemico entro il quale l’Autore era inserito e che lo vedevano impegnato non meno della sua attività clinica. Ciò che egli vuole salvare è il ripristino di una purezza della tradizione orientale, e l’idea che quella sensibilità arcaica, primitiva, che passa dal coinvolgimento empatico tra operatore e ricevente, è alla base dell’efficacia del trattamento.

Masunaga è molto preciso in merito: se il terapeuta riesce a far comunicare la sua sensibilità primitiva con quella del ricevente la stimolazione esercitata sui Keïketsu (i 365 punti di agopuntura distribuiti sui 12 meridiani principali) agirà risvegliando la risonanza dei meridiani e quindi l’equilibrio si propagherà nella totalità del corpo (ibidem, p.40). La sensibilità primitiva è qualcosa di cui si fa esperienza quotidiana senza alcun bisogno di avere gradi di illuminazione superiore. Essa è in azione – ad esempio – al momento del risveglio, quando ancora la nostra attenzione non è orientata verso nessun oggetto o scopo in particolare. Certo, per l’operatore, raggiungere uno stato di tranquillità mantenendo una tensione muscolare uniforme e contemporaneamente non orientata ad interpretare ciò che sta toccando, è operazione tutt’altro che semplice e richiede una notevole capacità di concentrazione. Ma quanto più sarà senza volontà il tocco tanto maggiore sarà il coinvolgimento della sensibilità primitiva dell’operatore. Egli deve sforzarsi di entrare in uno “stato di tranquillità” capace di neutralizzare la sua percettività tattile a livello della pelle, alfine di tendere all’abolizione della separazione netta tra io e l’altro. “La vita è nella sua essenza qualcosa che ha a fare con lo scambio e si avverte grazie alla simpatia reciproca attraversando le frontiere del sè” (ibidem p.41). Siamo qui di fronte ad uno degli snodi più profondi e filosoficamente densi del lavoro di Masunaga che sarebbe impossibile apprezzare senza il riferimento alla radice zen e taoista della sua lezione. Le nostre obiezioni sorgono spontanee e implacabili, come quelle dello studente (ma in realtà professore di filosofia) Herrigel al cospetto dell’enigmatico maestro Awa Kenzo. Com’è possibile agire senza agire? Scoccare la freccia e portare il peso senza che sia veramente questo mio corpo a farlo intenzionalmente?

Anche la non-volontà del tocco deve essere comunque mossa da un’intenzione, seppur non finalizzata, e la tecnica ha le sue esigenze di attenzione vigile quando si appresta a cercare i kyo e i jitsu nello scorrimento del Qi attraverso I meridiani. Eppure, la freccia che parte dall’arco dell’iniziato all’arte del kyudo si tira da sè, tanto che quando il tiro riesce si usa riverire con un inchino non il tiratore ma l’arte che lo ha animato, così nello shiatsu di Masunaga lo stato di tranquillità, di “atarassia” – scrive – corrisponde nello stesso modo a quel lasciarsi andare senza sforzo verso il non-sè, cioè verso il proprio vero sé.

Bibliografia

Masunaga S., Shiatsu et médicine orientale Le courrier du Livre, 2010.

Herrigel E., Lo zen e il tiro con l’arco, Adelphi, 1975.

Manuale di agopuntura,Hoepli, 1999.

Shiatsu e Anma

L’originalità di Masunaga non sta solo nelle innovazioni che portò nello Shiatsu a livello di tecnica ma anche in una visione del suo personale progetto di ricerca. Masunaga è un maestro di discipline orientali giapponesi che non si è limitato a venire in contatto con la cultura occidentale. Egli l’ha fatta propria, l’ha apprezzata e ha stabilito un dialogo, a volte conflittuale, ma costante e ininterrotto. Masunaga aveva un’alta considerazione della scienza e del metodo sperimentale di verifica dei risultati scientifici, e intendeva porre le acquisizioni della cultura tradizionale da cui proveniva in condizione di confrontarsi senza riserve con la scienza occidentale. Non mostra pregiudizi verso altre forme di trattamento: senza mezzi termini, scrive che na differenza di altri, non ritiene il massaggio occidentale, lo shiatsu e l’anma tre terapie distinte con grandi differenze tra loro. Tutte e tre hanno dimostrato la loro efficacia. Sono piuttosto le logiche di intervento che differiscono. L’anma e il massaggio europeo (probabilmente Masunaga fa riferimento a tecniche fisioterapiche o di massoterapia) stimolano direttamente la circolazione sanguigna, rendono scorrevole il sangue stagnante nella cute e nei muscoli e quindi diminuiscono la rigidità e la tensione derivanti da stasi circolatorie. Invece lo shiatsu agisce principalmente sulla struttura ossea, le articolazioni e i tendini operando sui meridiani, il cui cattivo funzionamento altera la struttura corporea e il sistema nervoso vegetativo”.

An- significa “calmare con la mano” e ma significa “massaggiare per rimuovere”. E’ il massaggio giapponese tradizionale. Originario della Cina si avvale di tecniche di stiramento, frizione e mobilizzazione finalizzate al ripristino della salute. Secondo Masunaga l’An-ma ha una forma ben precisa, a differenza dello shiatsu che è invece l’incontro di diverse pratiche manuali, il cui unico minimo comune denominatore è la pressione mantenuta costante.

Apparentemente dunque An-ma e shiatsu hanno effetti diametralmente opposti in quanto l’Anma attiva il versante simpatico del SNA mentre lo shiatsu stimolerebbe il parasimpatico. Ma d’altra parte lo shiatsu deriva dal più antico Anma. Come si spiega dunque questa apparente contraddizione?

E’ lo stesso Masunaga a chiarire la questione. La radice, l’origine è comune. Commentando l’ideogramma che sta per -ma Masunaga osserva come questo rappresenti l’atto di spostare un oggetto da una parte ad un’altra. Calato nel trattamento manuale egli traduce “muovere le mani come per lucidare una pietra”. Questo significa “dispersione”. L’altro ideogramma, che sta per An-, rappresenta l’atto del riempire, ma indica anche una cucitura, cioè una pezza di stoffa unita tramite un filo ad un tessuto identico a simboleggiare che quando un elemento manca qualcosa dello stesso genere colma tale insufficienza. Da qui la correttezza anche etimologica del significato di An- come “adagiare la mano con calma”. In questo caso in termini di trattamento si parla di “tonificare”. Se facciamo riferimento alla metodologia di lavoro di Masunaga ricordiamo che individuare i kyo (vuoto) e il jitsu (pieno) del meridiano è essenziale per capire il tipo di intervento da praticare. Il lavoro avrà poi il compito appunto di “tonificare” o “disperdere”. Nel caso di un pieno jitsu si attuerà la dispersione, viceversa la tonificazione in caso di un vuoto o kyo. Quindi la modalità di lavoro è simile. Ecco quindi che a prescindere dalle evoluzioni nella forma e della fortuna dell’Anma, è legittimo considerarla come la tecnica progenitrice dello Shiatsu, semmai quest’ultimo avrà una maggiore consapevolezza sugli effetti neurofisiologici del suo intervento rispetto alla pura manualità pratica dell’An-ma.

 

Bibliografia

Masunaga S., Manuale di Shiatsu per corrispondenza, II° mese, 2014

Masunaga S., Zen Shiatsu, Mediterranee, 1979

Empatia e simpatia vitale

Cosa significa considerare l’empatia come uno strumento di lavoro?  

Certo non significa organizzare un comportamento amicale e sorridente allo scopo di ingraziarsi il cliente a scopo di lucro! A un primo livello implica la capacità di sintonizzarsi con il sistema energetico che abbiamo di fronte e per far ciò naturalmente il nostro cuore deve essere quanto più “vuoto” possibile, ossia libero da attaccamento e condizionamento verso quel sistema energetico. Impresa già complicata, e che necessità di grande  sensibilità da parte dell’operatore. Ad un secondo livello, più profondo, lavorare con l’empatia ha dei significati molto più materialisti.

Già gli scienziati settecenteschi dell’illuminismo europeo si erano arrovellati sui misteriosi meccanismi “simpatici”. Come accadeva che un’affezione sviluppatasi in un punto del corpo potesse avere conseguenze da tutt’altra parte? Xavier Bichat, uno dei più grandi medici scienziati del suo tempo diceva che la simpatia è una parola “che serve a coprire la nostra ignoranza delle connessioni che legano i fenomeni”. Bichat aveva intuito, ma non conosceva ancora con precisione, l’elevato livello di integrazione dei nostri neuroni, la cui connessione (a livello spinale) rende possibile la comunicazione a distanza di stimoli nervosi.  Il Settecento europeo aveva celebrato in diverse discipline la simpatia/empatia (si pensi ad Adam Smith il padre dell’economia politica che la collocava tra i più alti sentimenti morali, o a Kant che la considerava una grande qualità politica). Oggi, alle nostre latitudini, ci pare un’ingenuità persino nel dominio limitatissimo della morale, sebbene la medicina ufficiale stia riscoprendo il valore terapeutico della relazione umana… 

Eppure Masunaga, portatore di una tradizione di cura orientale che fa del rapporto con l’individuo specifico una determinante della cura denuncia che quanto più l’uomo pare civilizzato “e funziona con la porzione superiore della corteccia, la più evoluta in termini biologici,”tanto più la sua sensibilità vitale si ottunde, e anche la sua capacità di provare ‘simpatia’.  Sembra di sentir parlare Jean Jacques Rousseau!

Dal francese però lo divide un punto importante. Non è ad una legge generale che è affidata l’unità tra gli uomini ma alla pratica terapeutica. Masunaga parla proprio di simpatia vitale come sensazione di unità, che si prova durante il trattamento con il ricevente.

Scrive ancora il Maestro: “L’uomo moderno sopravvaluta le cose materiali perciò è animato da scarsa simpatia vitale. Chi comprende l’essenzialità della simpatia vitale non ha bisogno di capire altro”. Si direbbe quindi che egli preferisca restare ancorato ad un’idea “vitalista” dell’empatia, come manifestazione dello “spirito vitale” che permette la sensazione di unità tra ricevente e operatore.

Sarebbe quindi rimasto alla visione pseudoscientifica del Settecento??

In realtà Masunaga vuole restare ben agganciato alla materia. Fa quindi riferimento alla fisiologia, a quella che chiama “legge di interiorizzazione degli organi e dei visceri” secondo la quale appunto i nervi del SNA passano attraverso il midollo spinale prima di raggiungere gli organi. Nella radice posteriore del midollo spinale passano anche le fibre sensitive che dalla cute vanno verso il cervello. Queste due componenti (nervi  e fibre sensitive) permettono di individuare precisi legami organo-cute che autorizzano ad ipotizzare che ogni anomalia d’organo stimola con decisione il nervo ad esso connesso (SNA) e questo stimolo si ripercuote anche sulle fibre sensitive vicine al nervo autonomo interessato. Ecco quindi una possibile spiegazione per il fenomeno della “simpatia” che tanto interessava Bichat secondo la quale l’affezione in un punto si ripercuote in distretti lontani.

Pertanto sintomi legati alla sensibilità/percezione in un punto della cute (caldo, freddo, dolore) rendono possibile identificare l’organo “disturbato” correlato. Ma allora questa simpatia vitale è qualcosa che riguarda “lo spirito” oppure vi è una spiegazione scientifica che connette disturbo d’organo e reazione cutanea? Ecco, dove per un occidentale esiste un dubbio filosofico per Masunaga esiste solo un problema pratico .  Se infatti “la cute prova disagio, l’organo farà altrettanto”.

Su cosa sia la simpatia vitale bisognerà studiare ancora…ma ciò che conta è che sia percepibile attraverso una serie di pressioni shiatsu fatte secondo un preciso criterio.

Bibliografia

Bottaccioli F., “Due vie per la medicina scientifica al suo sorgere”, Aracne, 2013.

Masunaga S. “Manuali di Shiatsu per corrispondenza” I°mese, Shiatsumilano, 2014.

Masunaga S. “Zen Shiatsu” Mediterranee, 1979.

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