studioshiatsu

di Stefano Pighini

Il tocco shiatsu tra Masunaga e le neuroscienze

A integrazione del precedente “i recettori del tocco”,  in questo nuovo articolo ho cercato di fornire un contesto un pò più ampio alle ricerche di Masunaga, integrando con le osservazioni scientifiche più recenti.

L’obiettivo è fornire un kit di argomenti per il professionista shiatsu che accresca il suo bagaglio culturale ma sia anche una possibile molla per accendere la curiosità di esperimenti che oggi è possibile mettere in campo per una crescente professionalizzazione della nostra figura. 

In questo testo troverete i seguenti argomenti:

  • la risposta fisiologica allo stress e la risposta maladattiva  allo stress (con le sue conseguenze)
  • Lo shiatsu lavora sul parasimpatico, ma stiamo attenti a farla semplice!
  • il tocco protopatico ed epicritico, le vie neurali secondo Masunaga.  Una critica aggiornata: la via delle fibre non delle strutture
  • Il nervo vago e il rapporto con il Central Autonomic Network
  • Il ruolo di alcune strutture cerebrali superiori (l’insula)
  • Le potenzialità dello shiatsu: proposte di misurazione

Per osservazioni, opinioni e critiche scrivetemi via mail!

BUONA LETTURA 

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I recettori del tocco

Abbiamo già parlato della distinzione tra il tocco shiatsu e il tocco “discriminativo” in un post precedente.

In questo nuovo nuovo articolo approfondiamo la questione con un focus sulla neurofisiologia delle aree del cervello interessate e sulla struttura nervosa dei recettori. La ricerca contemporanea sembra confermare delle vie sensoriali specifiche  per fibre nervose che paiono specializzate nel riconoscere il tocco “gentile” da quello discriminativo. La ricerca scientifica nel segno di Masunaga dunque continua!

Buona lettura!!!

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Perché conta quanto dura e come lo facciamo?

Lo shiatsu…  cosa avevate capito?

Cambia qualcosa se la nostra pressione dura un minuto, 30 secondi o 3 minuti? Come sappiamo nella rigida formalizzazione cui lo stesso Masunaga aderiva esiste un certo tempo di pressione “giusta”, che lo shiatsuka è tenuto a seguire. E perchè è così importante entrare progressivamente e non di colpo?

Il giusto tempo di pressione e la “giusta” progressione è quella che ci restituisce la “risposta” del meridiano del ricevente.  Questo direbbe lo shiatsuka fedele al metodo I.R.T.E., ma in generale  ad ogni metodo basato sulla percettività addestrata.

Resta il fatto che secondo i padri giapponesi dello shiatsu c’è un range sotto o sopra il quale la pressione esce dall’orizzonte dello shiatsu, e quindi è fuori “norma”.  In verità sulla progressività del movimento di ingresso ed uscita ci sono solo delle conferme indirette (sensibilità epicritica e protopatica) mentre sulle tempistiche il protocollo del ministero della salute giapponese è chiaro.1,976 Karate Donna Vettoriali, Illustrazioni e Clipart

A prescindere da ogni valutazione di merito la domanda è: c’è una spiegazione fisica?

In un precedente articolo abbiamo visto che la continua formazione/rottura dei ponti di actina-miosina, due proteine ampiamente presenti nei sarcomeri delle fibre muscolari, responsabili del meccanismo di contrazione/rilassamento è lo stesso processo che fa cambiare forma all’ameba tanto amata da Masunaga.

I burst di molecole di calcio dentro o fuori l’ambiente citoplasmatico modificano la forma della parete plasmatica dell’ameba  e generano risposte metaboliche differenti, utili all’organismo, ed è sempre il gradiente di concentrazione degli ioni calcio all’esterno o all’interno del reticolo sarcoplasmatico che circonda ogni singola fibrilla di ogni singola cellula muscolare nel nostro corpo a far partire il meccanismo actina-miosina di controllo muscolare.

Per inciso l’accumulo di calcio nel reticolo endoplasmatico (REL), così come il suo improvviso rilascio nel citosol cellulare pare un fenomeno che interessa tutte le cellule e costituisce un segnale “principe” di attivazione metabolica ampiamente utilizzato.

***

In questa serie di schede che presentiamo QUI continuiamo a considerare il corpo umano come composizione a mosaico di diversi fenomeni, e lo osserviamo sotto il profilo dei fluidi che scorrono al suo interno.

I tessuti umani sono letteralmente creati dai flussi di scorrimento che li disegnano. Tali flussi sono composti di sangue, aria, cibo, fluidi extracellulari e cellulari. Questi fluidi viscoelastici scorrendo nel nostro corpo  si comportano tutti come grandezze vettoriali ossia sono grandezze fisiche caratterizzate da un verso, una direzione e una intensità.

I fluidi biologici umani, vari miscugli di sostanze tra cui particolari forme di acqua sono dominanti, sono di tipo tissotropico, ossia hanno comportamento non lineare quando sottoposti a sollecitazioni, proprio come quelli che Masunaga osservava nell’ameba!

Forse troverete delle correlazioni interessanti che potrebbero spiegare, in parte, perchè da un punto di vista fisiologico una pressione per essere efficace ha bisogno si “stasi” e di “progressività”, ma non perdetevi nemmeno le riflessioni del saggio cinese sulla teoria cellulare!

Come sempre se avete voglia lasciate qualche commento, e non risparmiate sulle critiche ♥

Buona lettura

 

Le attività contrattili nell’ameba e nelle cellule muscolari

Un altro articolo che riguarda lo studio di Masunaga sull’ameba, con l’utilizzo di fonti scientifiche più recenti. Buona lettura

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Shiatsu e disabilità: l’esperienza di Beatrice

Continua la nostra indagine nell’esplorazione delle potenzialità dello shiatsu nel lavoro con la disabilità. Oggi incontriamo Beatrice Cioni un’operatrice diplomata alla mia stessa scuola, che ci parla della sua esperienza.

Buona lettura

 

D: Ciao Bea puoi presentarti?

R: Sono educatrice ed operatrice shiatsu. Lavoro in una cooperativa sociale dove mi occupo di dare un sostegno ai ragazzi disabili sia nella scuola che a livello extrascolastico. Si ha a che fare con famiglie disagiate che necessitano di supporto anche oltre l’orario scolastico. Il luogo di lavoro è un centro diurno, “Felicittà” a Sesto Fiorentino.

D: qual’è stato il tuo percorso per arrivare a proporre shiatsu ai ragazzi disabili?

R: il primo progetto risale al 2016, ed era tarato esattamente sulle esigenze delle persone che accoglieva il centro diurno, ragazzi con disabilità grave sia fisica che psichica (ma soprattutto psichica): lo shiatsu pensato quindi come disciplina capace di integrare le loro attività, migliorandone la risposta sotto diversi profili. Purtroppo però il progetto non venne preso in considerazione, e giace ancora in un cassetto. In seguito però, continuando a lavorare nello stesso posto in qualità di educatrice, ho cercato di utilizzare dei “momenti morti” in cui i ragazzi non avevano attività (tra cui la danza, ricerca dell’autonomia, giochi di socializzazione, ecc…) proponendo piccoli approcci fisici consapevoli: ad esempio lo sblocco delle mani, oppure piccoli tocchi sui trapezi, sulla schiena….

D: Come si sviluppavano gli incontri?

R: Inizialmente ero io che li eseguivo sul loro corpo, poi ho iniziato a proporre che facessero lo stesso  tra di loro. In quel modo cominciarono a toccarsi in un modo diverso rispetto a quello consueto del gioco codificato oppure del gioco un po’ più “violento” (tipo spinte, o un tocco poco consapevole). Dall’anno scorso purtroppo tutto questo non è più possibile causa covid.

D: Quali strumenti hai usato in questi incontri, diciamo così “speciali”?

R: Anzitutto, come ti dicevo, ho cercato di trasmettere la consapevolezza dell’importanza del toccare, e toccarsi; ma di grande importanza è anche la consapevolezza del respiro, che nello shiatsu è pure fondamentale, e aggiungo, del silenzio: spesso in caso di disabilità psichica la mente è iperattiva, e i ragazzi fanno fatica a stare in ascolto degli altri ma anche di se stessi. Imparare il silenzio e a respirare profondamente sono passaggi necessari prima di iniziare l’approccio allo shiatsu. Il nostro metodo (scuola I.R.T.E.) pone già grande attenzione alla progressività, ma nel caso di persone con disabilità grave, soprattutto psichica, questa progressività da parte dell’operatore deve partire molto prima che si arrivi al contatto. Si passa quindi prima dal dialogo e da tocchi fisici, magari generici, tipo lo sfioramento che servono a conquistare con un lavoro paziente (e a volte lungo) la fiducia, un momento indispensabile di ogni relazione interpersonale.

D: Se dovessi dare un consiglio ad un operatore che non ha mai fatto shiatsu con una persona disabile, sia fisica che psichica, e potessi scegliere una sola indicazione, quale daresti?

R: essere sempre, sempre, sempre, leggerissimi. Bisogna sempre tenere presente che siamo in presenza di congestioni importanti, non solo su un piano psichico. Pensiamo ad esempio agli stati infiammatori cronici che possiamo percepire sotto le nostre mani, situazioni che vanno trattate sempre con la massima attenzione.

D: Quali sono gli effetti principali del tuo lavoro con le persone disabili?

R: A mio avviso già il fatto che mi vengano richiesti da loro i trattamenti, lo considero un punto di arrivo importante. In generale i ragazzi sono più tranquilli nell’ approccio sia verso il loro corpo sia nel rapporto con gli altri. Magari questo effetto dura un’ora, poi riemergono gli schemi consueti, ma è già un benessere per loro significativo.

D: Ci sono altre attività terapeutiche oltre lo shiatsu che sono efficaci in questi casi?

R: senz’altro la fisioterapia è fondamentale. Peccato però che non ci sia molto dialogo tra professionisti, ancora lo shiatsu non è molto considerato. Riscontro un certo scetticismo, cosa non nuova, rispetto ad altre figure professionali. Ultimamente però altre figure professionali (tipo fisioterapeuti, infermieri,, ecc…) stanno cominciando a riconoscere l’efficacia “a lungo termine” di ricevere shiatsu. Sono fiduciosa per il futuro.

 

 

 

Masunaga e la questione della validazione scientifica

Come si pone la medicina orientale nei confronti del metodo scientifico occidentale? Come impatta la tecnologia nella ricerca medica occidentale e in quella orientale? Punti di contatto e distanze con il presente in un breve viaggio attraverso alcuni testi scritti dal maestro giapponese negli anni ’70 del XX secolo.

Qui 

Buona lettura 

 

 

 

Il nuovo manuale di Shiatsu 2020

Tra le tante catastrofi del 2020 si intravedono a volte dei bagliori. Se si riesce a trovare la pazienza di osservarli pur in lontananza essi ci ricordano l’oscillazione continua tra le polarità,  e ci rimettono anche un po’ di buonumore, che non guasta mai. Uno di questi lampi nel buio è la nuova edizione del manuale della mia scuola di Shiatsu, l’I.R.T.E.

La nuova edizione del manuale della scuola di Shiatsu fondata del maestro Fabio Zagato rispetto all’edizione precedente vede anzitutto un netto miglioramento nella chiarezza espositiva. Avvalendosi di una più ampia serie di disegni tutti i katà sono illustrati nel dettaglio unitamente a una maggiore cura nell’editing. Sono state anche riviste le categorie kyo e jitsu in relazione alle coppie meridianiche, attraverso una precisazione delle manifestazioni sintomatiche.
Ma il lavoro di revisione va ben oltre l’aspetto immediatamente didattico, poichè dispiega interamente il metodo Zagato insegnato nel triennio della scuola, il quale si ancora saldamente nella tradizione dell’opera di Masunaga, ma al tempo stesso la arricchisce della personale e pluridecennale esperienza clinica del maestro Fabio. I criteri della semeiotica e della valutazione energetica quindi, pur saggiamente ed esplicitamente ricollegati alla tradizione della medicina classica cinese (con dovizia di riferimenti bibliografici ai testi originali!), sono esposti sulla base dell’esperienza diretta dell’Autore, che unisce profonda conoscenza culturale della materia ad un’altrettanto vasta esperienza di trattamenti.

Un libro irrinunciabile, da mettere accanto ai classici della disciplina, o forse meglio dire dell’arte dello shiatsu, un tassello prezioso nella libreria di ogni praticante.

 

Qui potete trovare l’indice

 

 

 

 

Un’ameba in comune

 

No, non si tratta del vostro nuovo sindaco!

Come ben sanno gli studiosi del pensiero di Shizuto Masunaga lo studio dell’ ameba è un terreno di sperimentazione importante per il maestro, poichè questo piccolo essere unicellulare è il custode inconsapevole dei segreti della vita. Volendo attribuire ai meridiani, ai canali energetici un valore fondante della vita, Masunaga immagina che essi devono poter essere individuabili in esseri particolarmente primitivi, prima che la differenziazione cellulare produca quella varietà che si riscontra sugli esseri pluricellulari. In altri termini poichè il sistema meridianico preesiste a quello nervoso, vascolare, linfatico, ecc… e dato che è estremamente difficile individuarlo negli organismi ad alta complessità come i mammiferi, devono esistere delle forme di vita molto semplici su cui trovare le tracce delle grandi funzioni vitali espresse dai meridiani. Immagina quindi il ciclo circadiano vitale, la curva energetica giornaliera degli organi e dei visceri,  come sovrapponibile alle funzioni vitali dell’ameba, e da lì per estensione a tutti gli esseri pluricellulari che sono seguiti.

Il ciclo dell’ameba secondo Masunaga è descritto soprattutto in Zen per Immagini  ma sono reperibili ottime sintesi anche in rete, ad esempio qui.

Ma come sarà venuta in mente l’ameba a Masunaga?

Abbiamo già avuto modo di notare in un altro post che Masunaga è un curioso esploratore della medicina e della scienza moderni occidentali, e uno studioso professionista di psicologia, che insegnerà alla Nippon Shiatsu School  di Tokyo per dieci anni.

E probabilmente sono  gli studi di psicologia da cui prende l’idea dell’ameba. (leggi sotto l’update 2021)

Un’idea originariamente usata da Sigmund Freud (1856-1939) per descrivere il meccanismo di funzionamento della libido in presenza di narcisismo patologico. Come l’ameba –  “composta di un grumo scarsamente differenziato di sostanza protoplasmatica” – allunga i suoi pseudopodi verso la sostanza nutritiva, prolungando verso di essa “la sostanza del suo corpo”,  (vol. VIII, p.567) così l’io investe con la propria libido gli oggetti, se ne appropria, ma, proprio come per l’ameba una quota di quello stesso slancio libidico resta all’interno dell’io, ed egli può in ogni momento ritrarre la quota di libido riversata sugli oggetti verso il proprio interno. Nello stadio narcisistico/ameboide le energie psichiche sono indifferenziate, e solo quando la pulsione trova un oggetto su cui proiettare la libido lo psicanalista  può distinguere tra pulsioni sessuali e pulsioni dell’io. Freud dice qui qualcosa di interessante. “Il ritrarsi della libido oggettuale nell’Io, non è direttamente patogeno” (lo stadio in cui l’animaletto protoplasmatico ritira i suoi pseudopodi), lo diventa quando “un determinato processo, dotato di forte energia, impone a forza il ritiro dagli oggetti”.  A quel punto tutta quella quota di libido/energia/pulsione si accumula all’interno dell’io e rischia di “non trovare la via di ritorno agli oggetti”. E’ “questo impedimento alla mobilità della libido” che diventa patogeno. “Possiamo anche immaginare che si sia giunti all’investimento oggettuale appunto perché l’io dovette sprigionare la sua libido per non ammalarsi a causa del suo ingorgo” (vol.VIII p.571). Abbiamo anche qui una traccia di un tema che tornerà spesso negli appunti di Masunaga, quando ragiona dell’approccio medico orientale che vede l’uomo sano come forma perfettamente rotonda in grado di ritornare ad essa dopo aver esaudito lo stimolo verso l’esterno (jitsu) o verso l’interno (kyo) e in caso di fissazione o ingorgo necessita di stimolazione appropriata in un verso o nell’altro (tonificare il Kyo, sedare il Jitsu).

 

 

Masunaga S. Zen Shiatsu p.17

Masunaga S. Zen Shiatsu p.46

 

In Freud tuttavia lo statuto della libido tende a modificarsi nel tempo. Si passa da una caratterizzazione quasi simile alla corrente elettrica, come negli scritti sopra riportati, ad una visione dove la libido è un costrutto concettuale, utile nella descrizione dei fenomeni psicologici ma che non possiede, all’interno del corpo umano, una “sostanza”, non è in altri termini un’energia soggetta a experimentum.

Un altro psicanalista, inizialmente tenuto in gran considerazione e poi ripudiato da Freud continuò invece a considerare la libido come una vera e propria energia rintracciabile nel corpo umano, soprattutto nella sua manifestazione più eclatante, quella dell’orgasmo. Whilelm Reich (1897-1957), la cui biografia è un inno anarchico e libertario alla vita, nei suoi studi danesi a seguito dalla fuga dalla Germania nazista (1934), indagò il diverso potenziale elettrico del corpo umano attraverso l’apposizione di elettrodi in vari punti. Reich trovò che le zone erogene rispetto alle altre parti avevano una curva del potenziale elettrico differente. Il potenziale inoltre aumentava a seguito di stimolo piacevole e diminuiva dopo uno stimolo spiacevole.

Si associa così una base fisiologica a quell’analogia già descritta da Freud sul comportamento degli organismi più primitivi quale l’ameba, e che viene caratterizzato da “uscita verso il mondo esterno” contrapposto a “ritiro in sè stesso”. Nel movimento elettrico di aumento del potenziale cutaneo si può trovare il correlato fisiologico della protrusione del citoplasma dell’ameba, mentre nell’abbassamento del potenziale dopo stimolo spiacevole si trova il correlato del ritiro degli pseudopodi. A questo punto Reich intuisce che dietro le funzioni del sistema nervoso autonomo parasimpatico (la pupilla si restringe, la vescica si apre, il ritmo cardiaco diminuisce, i vasi sanguigni cutanei si dilatano, ecc..) si cela una funzione globale di espansione percepita come desiderio, piacere, mentre per contro nel sistema simpatico (ritenzione degli sfinteri, aumento del battito cardiaco, attivazione vigile, ecc..) è all’opera una funzione globale di contrazione. Dalla prima si sviluppa l’emozione primaria del desiderio mentre dalla seconda la paura. Le emozioni quindi non sono prerogative degli organismi evoluti ma hanno la loro base in una polarità fisiologica orientata (dal centro alla periferia nel caso del desiderio e dalla periferia al centro nel caso della paura) di flusso bio-elettrico.

E’ improbabile che Masunaga non sia stato colpito da questa fonte di ispirazione che pareva andare proprio nella direzione vitalista, diametralmente opposta a quella dominante della medicina “meccanicista” e “biochimica” dominante in occidente. Inoltre lo Shiatsu descritto da Masunaga agisce proprio sul sistema nervoso autonomo parasimpatico, un aspetto sul quale egli torna più volte.

E’ altrettanto significativo che si sia astenuto (a mia conoscenza) dal citare Reich nei suoi lavori; il malcapitato fu addirittura arrestato dall’FBI nel 1957 al culmine di una campagna pluriennale di persecuzione e diffamazione. Reich morì in un carcere americano in quello stesso anno per arresto cardiaco.

Ma la storia non finisce qui perché un altro psicanalista, a noi più prossimo, Alexander Lowen (1910-2008) di cui Reich fu terapeuta e maestro, ripropone in termini molto simili a quanto fa Masunaga in Zen per Immagini alcuni esercizi. Anche qui ritornano le forme vitali primordiali di “apertura” e “chiusura”. Scoprite da soli questa traccia grazie al post della collega Cristina di Stefano.

UpDaTe! (2021)

A distanza di tempo ho trovato un altro riferimento bibliografico, tutto interno al mondo scientifico giapponese. Masunaga non pare aver avuto bisogno di patenti occidentali per la sua teoria dell’ameba! Egli cita infatti Jiro Ohta, botanico giapponese che nel suo volume “L’ameba” individua secondo Masunaga “i molti punti in comune tra i diversi tipi di movimento negli esseri umani, alla cui base vi è il sistema di conversione dell’ ATP in energia e in una proteina assorbibile (ADP)”. (cit. MAsunaga, 2020, p.103)

E’ quindi da questa fonte Masunaga riprende la celebre analogia tra la funzione yang del movimento dello pseudopodo (l’ectoplasma=yang), e la funzione yin (endoplasma=yin) che chiama il ritorno della protrusione verso l’interno. 

Quindi si possono correggere le affermazioni precedenti dicendo che se pure il Maestro ha ritrovato negli studi giovanili di psicologia il tema dell’ameba, si è certamente rivolto alle discipline scientifiche e agli studi che si andavano compiendo in Giappone negli anni ’60 e ’70 del XX secolo, per modellare la sua ipotesi sull’origine dei meridiani, oppure più semplicemente, ha preferito circoscrivere al “suo” ambiente culturale, le matrici di un pilastro della fondazione della medicina orientale.

 

 Bibliografia e sitografia

Masunaga S., Zen per Immagini. Esercizi dei meridiani per una vita sana, Mediterranee, Roma, 2013 (or.1987)

Masunaga S., Zen Shiatsu, Mediterranee, Roma, 2013 (or. 1977)

Masunaga S., Keiraku to Shiatsu, Shiatsu e Medicina orientale, vol. I, Shiatsu Milano Editore, 2020 (or.1977-78)

Vico V., Il “ciclo dell’ameba” secondo Shizuto Masunaga  http://vivashiatsu.blog/2013/11/28/il-ciclo-dellameba-secondo-shizuto-masunaga-shiatsu-zenshiatsu/

Freud S., La teoria della libido e il narcisismo, vol. VIII, Boringhieri, Torino, 2008 (or. 1915-17).

Bertagni G., Introduzione all’opera di W. Reich http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/psiche/fogliareich.pdf

Di Stefano C., Shiatsu e counseling bioenergetico. Una possibile integrazione http://www.cristinadistefano.it/shiatsu-e-counseling-bioenergetico/

 

 

Masunaga e la Gestalt

 

Vi sono dei luoghi nella produzione scritta del maestro Masunaga che rendono conto del suo metodo creativo di confronto con le tradizioni occidentali di pensiero con le quali entrava in contatto. Una delle più significative risiede nel confronto con la psicologia di cui era studioso e docente.

In cerca del modo migliore di descrivere l’efficacia descrittiva delle categorie orientali Yin/Yang e Kyo/Jitsu Masunaga propone ai lettori giapponesi un dialogo con la cultura occidentale, che qui proponiamo per rendere omaggio al suo metodo comparativo e dinamico.

Presentiamo la Gestaltpsycologie o Psicologia della forma come fa lo stesso Masunaga, che ne parla come di una psicologia centrata sulla nozione di struttura, cioè i fenomeni psicologici sono considerati come l’attuazione di forme che funzionano come insiemi strutturati, formando un insieme di relazioni tra stimolo e risposta che ha senso solo se considerato nel suo insieme, e che fuori da questo insieme non ha significato. Inizialmente applicata ai fenomeni percettivi (secondo la celebre formula “l’insieme è  di più della somma delle parti che lo compongono” ndr) è stato in seguito esteso alla psicologia e alla medicina indirizzandosi all’essere umano come un tutto inseparabile, al quale quindi anche un atto terapeutico deve rivolgersi con le stesse modalità. Una forma di olismo del pensiero occidentale dei primi del Novecento.  Ciò che ci interessa – perché è ciò con cui si confronta Masunaga – è il suo nocciolo metodologico:

La terapia della Gestalt respinge la tesi secondo cui nell’atto del vedere qualcosa si raccoglie una serie di frammenti visivi e li si raggruppa nell’oggetto visto. La Gestaltpsychologie ha affermato che il vedere è organizzato fin dall’inizio, ovvero che il vedere è una gestalt o una configurazione. Il campo ottico di un individuo è strutturato in termini di figura e sfondo. La ‘figura’ costituisce il punto focale dell’interesse – un oggetto, una struttura, ecc… – mentre ‘lo sfondo’ ne è l’inquadratura o il contesto. Esiste un’interazione dinamica tra figura e sfondo dal momento che il medesimo sfondo può, con il variare degli interessi e dell’attenzione, dare origine a figure diverse; a sua volta, la figura, se possiede dei dettagli, può essa stessa diventare lo sfondo dell’evento in cui qualche suo dettaglio emerge ora come figura. (Perls F., Hefferline R.F., Goodman P., p.43.)

Quando l’attenzione  si fissa su un dettaglio dello sfondo, questo “emerge” in superficie e diventa oggetto di coscienza, cioè figura. Ma al variare dell’attenzione su un altro particolare dello sfondo, la figura torna indietro (nell’inconscio) e affiora alla coscienza un altro contenuto figurativo. In effetti studi recenti di neuroscienze hanno scoperto ad esempio che vi sono neuroni dedicati in precise porzioni del cervello deputati al riconoscimento dei volti (Tsao, pp.64-71), per cui pare che il cosiddetto effetto-figura abbia delle basi neurologiche e non sia solo un costrutto concettuale. In ogni caso Masunaga riteneva che la teoria della percezione della Gestaltpsychologie fosse una buona approssimazione alla relazione che esiste tra lo Yin e lo Yang, dove lo “sfondo” corrisponde allo Yin e la “figura” allo Yang.  Ciò che più lo convinceva era la possibilità di considerare questo prestito dalla psicologia come utile nella descrizione della diagnosi tramite la relazione Yin-Yang. Così ad esempio “la condizione Yang corrisponde ad una situazione in cui l’effetto-figurativo dei sintomi è  preciso, chiaramente osservabile in un luogo determinato. Mentre per quanto riguarda la condizione Yin, essa sembra corrispondere ad una situazione in cui i sintomi, generalizzandosi a tutto il corpo, sono difficili da localizzare”. E così il vuoto-pieno (kyo-jitsu), tradotto come debolezza/vuoto e forza/pienezza in termini fisici, non permette di coglierne appieno la condizione patologica ma sfumata, di continuo passaggio tra Yang e Yin e viceversa.

Masunaga cita i disegni celebri di uno dei maestri della Gestalt, Edgar Rubin (1886-1951), in cui l’attenzione si fissa su una forma compiuta all’interno del disegno e lascia in secondo piano un’altra forma altrettanto compiuta ma inizialmente passata inosservata o viceversa.  In questi disegni doppi, il primo “colpo d’occhio” rivela solo una delle due figure possibili. Ebbene quello è lo Yang/Jitsu, come il disegno che colpisce,  salta subito in evidenza. Il suo effetto figurativo  blocca l’attenzione sulla sua forma e il resto passa sullo sfondo. Masunaga aggiunge che quando i sintomi sono così circoscritti l’intervento dell’operatore può essere risolutivo localmente perchè la costituzione, il “terreno” del ricevente è buono. In questi casi, anche trattando il sintomo direttamente è facile che il resto del corpo cooperi alla guarigione. Il Kyo invece è l’altra figura del disegno di Rubin, quella che si fatica a trovare, lo sfondo gestaltico dal cui fondo la forma non emerge immediata. Non solo, Masunaga dice anche che – proprio come i disegni di Rubin – anche se si riesce a cogliere questo secondo, esso tende a ritornare verso il fondo e si fa sempre fatica a percepirlo di nuovo. Quando i sintomi si collocano sul versante “sfondo” Yin/Kyo essi sono ambigui, incastrati tra di loro e di difficile lettura, sono intermittenti.

“Ad un tale stadio, un trattamento localizzato non ha  effetto, il malato soffre facilmente di problemi generati dai medicamenti e la causa del male è difficile da cogliere.” (Masunaga, pp.299-302) Queste sono generalmente le condizioni delle malattie croniche.  Per di più,  in queste circostanze non appena si viene a capo di un sintomo (ed esso torna sullo sfondo) ecco che altri fanno la loro apparizione in primo piano. Si ricordi a proposito quanto diceva la citazione poco più sopra riportata “la figura, se possiede dei dettagli può essa stessa diventare lo sfondo dell’evento, in cui qualche suo dettaglio emerge ora come figura”.  Questa dialettica sottile e sfumata tra Yang e Yin e tra Yin e Yang era proprio quello che Masunaga intendeva trasmettere!

 

Bibliografia

Perls F., Hefferline R.F., Goodman P., Teoria e pratica della terapia della Gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità umana, Astrolabio, 1971 (or.1951)

Masunaga S., Shiatsu et médicine orientale, Le courrier du Livre, 2010 (or. 1977)

 Tsao Y.D., Il codice neurale dei volti, Le Scienze, n.610, giugno 2019.

 

 

 

 

 

Settimana dello Shiatsu 2020

Il video-intervista registrato in occasione della Settimana dello Shiatsu 2020 a cura della FISIEO.

L’esperienza diretta dei professionisti, la voce dei familiari. Le potenzialità dello shiatsu non solo per chi lo riceve ma anche per chi lo pratica….

Shiatsu con i disabili

 

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